Ma no: gli spaghetti hacker non sono ne’ sadici, ne’ sovversivi

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di C. Formenti – Il Corriere della sera, 16 febbraio 1998

“E’come se, di colpo, giocare a nascondino diventasse una colpa”. Con questa battuta sconsolata, uno dei tanti “smanettoni” che si confessano sulle pagine di Spaghetti Hacker (ed. Apogeo) commenta i recenti giri di vite contro la criminalita’ informatica.

Ma cos’e’ uno smanettone? Gli autori (Stefano Chiccarelli, esperto di telematica, e Andrea Monti, avvocato) chiamano cosi’ gli emuli nostrani degli hacker d’Oltreoceano. Non per nazionalismo linguistico, ma perche’ ritengono che esista una “via italiana” alla pirateria informatica, caratterizzata, come s’intuisce dall’aura di bonomia evocata dal termine, da etiche e comportamenti per nulla sadici o sovversivi. E’ un’opinione che rinvia soprattutto alle prime generazioni (il libro ne elenca quattro) di smanettoni. Quelli che si sono fatti le ossa clonando, modificando e scambiando il software dei videogiochi che girava su macchine storiche come Commodore 64 e ZX Spectrum, sono cresciuti usando Videotel come canale d’accesso ad altre reti (senza pagare), si sono perfezionati frequentando i “veri” hacker sui circuiti delle BBS pirata, e che infine hanno trovato il loro “paradiso musulmano” in Internet. Gente mossa dalla passione di piegare l’elettronica al desiderio di curiosare senza limiti in ogni meandro della Rete, e comunicare liberamente con i propri simili per scambiare esperienze e conoscenze.

Gente che odia pagare bollette e abbonamenti, e non considera reato appropriarsi del software tutelato da copyright (perche’ pensa che queste cose, in quanto servizi essenziali, dovrebbero essere disponibili a tutti gratuitamente). Gente dotata di rigorosi principi: se si scrocca e’ bene farlo a spese di grosse realta’ pubbliche e private e non di utenti privati, e’ lecito “bucare” un sistema per pura curiosita’ o per il semplice piacere di farlo, non per arrecare danni, ne’, tantomeno, per trasformare queste attivita’ in fonte di profitto. Robin Hood e Che Guevara elettronici?

Non tutti, purtroppo. Pur non lasciando dubbi in merito a chi vadano le loro simpatie nella sfida che oppone softwarehouse e smanettoni, gli autori ammettono che esistono anche i “veri” criminali telematici. O i vandali: la quarta generazione, quella che s’e’ trovata la pappa pronta di Internet e legge solo narrativa cyberpunk, pare non prometta bene, tentata dalla voglia di distruggere e provare sensazioni forti. E pare che molti smanettoni, una volta cooptati dalle imprese (il boom della Rete ha reso preziose le loro competenze), non abbiano saputo resistere a certe sirene.

E tuttavia, Chiccarelli e Monti non sono soddisfatti dei metodi con cui la magistratura e la polizia fronteggiano il problema. Analizzando la legge 547 del 23 dicembre 95 (Modifiche e integrazioni al codice penale in materia di criminalita’ informatica), e due inchieste, “Hardware1”, avviata dalle procure di Torino e Pesaro nel maggio ’94, e “Ice Trap”, scattata in molte citta’ italiane nel febbraio ’95, gli autori sostengono che, dopo aver lungamente ignorato il problema, il legislatore ha adottato soluzioni astratte che penalizzano lo smanettone e non il vero criminale, e gli inquirenti hanno spesso fatto ricorso a sequestri arbitrari e usato con troppa disinvoltura i loro poteri d’indagine.

Distorsioni ed eccessi d’altro genere vengono imputati ai media tradizionali, i quali, dopo aver suscitato il mito di Internet (dando letteralmente i numeri sugli utenti, o trasformando in presunti Eldorado mercati fin troppo “virtuali”), non perdono mai l’occasione di sbattere l’hacker in prima pagina (anche quando non c’entra, come nel caso dei siti a luci rosse).

Insomma molta carne al fuoco in 400 pagine che, se risultano spesso interessanti e divertenti anche per chi si limita ad usare il modem per la posta elettronica (e magari non riesce a utilizzare tutte le funzioni di Windows 95), a volte hanno il torto di indulgere allo snobismo di chi la sa davvero lunga.