Pedofilia, il Polo propone una legge contro i siti web

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G. Mola – Repubblica, 6 ottobre 2000

ROMA – Sembrava morta sul nascere, la proposta di una legge che consenta alle forze dell’ordine di “bombardare” i siti Internet su cui compaiono immagini di bambini violati. Un’idea debole sia sul piano tecnico sia su quello giuridico, si è detto nei giorni scorsi, gravata anche dalle polemiche politiche che ormai dividono praticamente su tutto maggioranza e opposizione. E invece quella improbabile trovata è andata avanti. Fino a diventare un testo che martedì prossimo il Polo presenterà ufficialmente a Montecitorio.

L’annuncio è stato dato ieri da Alessandra Mussolini e Nino Lo Presti di Alleanza nazionale, Cristina Matranga di Forza Italia e Giacomo Chiappori della Lega Nord. Che hanno spiegato che il progetto di legge sarà firmato da 140 esponenti del centrodestra. “Siamo sempre più incoraggiati – ha detto oggi Matranga – a proseguire con la proposta grazie anche alle numerose attestazioni che riceviamo quotidianamente dalle famiglie, oltre che dagli operatori del settore”.

La macchina della repressione via Internet della pedofilia si è quindi messa in moto. Senza però fare i conti con l’enormità dei problemi che erano stati sollevati dopo che l’argomento era stato discusso dalla Commissione parlamentare per l’infanzia presieduta da Mariella Scirea. Era stata proprio la parlamentare dell’Udeur a freddare i facili entusiasmi che martedì avevano acceso la discussione. “Quella suggerita dall’onorevole Mussolini è un’idea che fa solo notizia e sa tanto di campagna elettorale. Bombardare di virus un sito pedofilo non risolve il problema, visto che il materiale originale è conservato su cd rom e quindi può essere immediatamente reintrodotto in Rete”, aveva detto. Seguita a ruota anche da altri esponenti del centrosinistra. “Questa proposta è nutrita da aspetti illiberali e da improvvisazione demagogica”, ha commentato Anna Serafini, dei Democratici di sinistra.

Ma le critiche sono arrivate anche da altri fronti. Quello tecnico, innanzitutto. “I pedofili nella maggior parte dei casi non scambiano foto utilizzando il web, perché sarebbero rintracciabili. Altri mezzi, ad esempio le chat di Internet, attraverso i quale è anche possibile scambiarsi immagini senza dover essere collegati, consentono maggior sicurezza per chi smercia foto illegali”, era stata la replica di Gianluca Neri e Roberto Grassilli, fondatori del portale editoriale Clarence.com. Una opinione, questa, sostenuta da quasi tutti i tecnici del settore.

Ma le obiezioni sono arrivate anche sul versante giuridico. I siti Internet nascono e vivono su server che fisicamente possono trovarsi in qualsiasi parte del mondo. Dove ovviamente la giurisdizione italiana non può arrivare. “Una proposta gravissima: in pratica si tratterebbe di legittimare dei veri e propri atti di aggressione nei confronti di paesi stranieri. Senza contare che molti dei siti incriminati sono ospitati da provider del tutto ignari”, ha commentato Andrea Monti, avvocato, ma anche esperto di telematica. L’autore del volume “Spaghetti hacker” ha quindi bocciato senza appello la trovata: “Si tratta di una castroneria bella e buona”.

E come se non bastasse, la proposta del Polo è stata stroncata anche da don Fortunato Di Noto, il parroco siciliano che ha dato il via alla grande inchiesta sulla pedofilia in Rete. “È un’idea – ha detto – che tecnicamente non ha validità. Oscurare un sito non serve perché i responsabili lo riaprono da un’altra parte. Il problema è arrestare questa gente, assicurarla alla giustizia”.

Un coro di no che ha soverchiato persino la disponibiltà del ministro della Solidarietà sociale Livia Turco e di quello dell’Interno Enzo Bianco, che invece si sono dimostrati sostanzialmente favorevoli alla guerra telematica alla pedofilia. “Se possibile questa sarà un’arma di attacco, ma anche di difesa”, ha detto ieri Bianco.

Difficile prevedere adesso come andrà a finire. I meccanismi della politica hanno infatti dato vita a un processo difficile da arginare, a questo punto. Con un rischio: che alla fine si colpiscano i siti ma si lascino impuniti i pedofili. È un pericolo che tecnici e inquirenti conoscono bene: quando si scopre un sito sospetto la cosa più saggia da fare è studiarlo con attenzione per risalire ai responsabili. Renderlo inaccessibile suona come una soffiata agli stupratori di bambini: “Siamo sulle vostre tracce, è meglio che vi spostiate”. Magari sul sito accanto.